Lo studio dei ricercatori del CEINGE di Napoli apre le porte ad importanti progressi nella cura della malattia
La fibrosi cistica è la malattia genetica ereditaria più frequente tra le popolazioni di origine caucasica (Europa e Nord America), con un’incidenza in Italia di un neonato malato ogni 2500-3000 nati sani. La malattia è dovuta ad un difetto della proteina canale del cloro, CFTR; di conseguenza i soggetti affetti presentano secrezioni (muco bronchiale, succo pancreatico) molto dense che generano effetti dannosi soprattutto a carico degli apparati respiratorio e digestivo.
Oggi l’aspettativa di vita dei pazienti con fibrosi cistica è nettamente migliorata grazie a farmaci di nuova generazione che “correggono” e “potenziano” l’attività della proteina a seconda del tipo di mutazione, aprendo la strada, di fatto, alla terapia personalizzata.
I ricercatori del CEINGE-Biotecnologie Avanzate Franco Salvatore di Napoli hanno scoperto che nelle persone con fibrosi cistica la reale età dell’organismo, ovvero l’età epigenetica, è spostata in avanti di 3-4 anni rispetto all’età anagrafica. E c’è un risultato ancora più straordinario proveniente da questo studio: gli scienziati del CEINGE hanno trovato infatti il modo di invertire la rotta dell’invecchiamento. In particolare, hanno osservato che, dopo un solo anno di terapia con il giusto modulatore, non soltanto nei pazienti migliora la funzionalità polmonare, ma le lancette dell’orologio biologico tornano indietro.
I risultati della ricerca, realizzata da un team di ricercatori guidati dal professor Giuseppe Castaldo, ordinario di scienze tecniche di medicina di laboratorio, e dal professor Lorenzo Chiariotti, ordinario di patologia generale, dell’Università Federico II di Napoli in collaborazione con il Centro di Riferimento per la Cura della Fibrosi Cistica della Regione Campania presso l’AOU Federico II, coordinato dal dottor Vincenzo Carnovale, sono stati pubblicati sulla rivista scientifica International Journal of Molecular Sciences*.
«I risultati ottenuti aprono le porte ad importanti avanzamenti nella cura della fibrosi cistica - afferma con entusiasmo Giuseppe Castaldo – e offre un nuovo biomarcatore per monitorare la terapia più efficace per ciascun paziente».